L’antica e ricca Erice, quella a cui i Segestani chiesero in prestito le coppe d’oro per far colpo sugli inviati ateniesi e aiuto durante la guerra contro i Siracusani nel V secolo a.C. mostra un’articolata storia, riflessa anche attraverso le testimonianze materiali stratificate che ne compongono la sua maglia topografica urbana. Le origini di Erice – Iruka per gli Elimi, Erech per i Cartaginesi, Eryx per Greci e Romani appaiono indissolubilmente legate al culto della Dea Astarte. Secondo il mito, tramandato dallo storico Diodoro Siculo, Butes uno degli Argonauti di Giasone e re degli Elimi, si sarebbe congiunto alla dea nell’isola di Mozia (o a Lilibeo), luogo del connubio amoroso e dell’incontro metaforico tra Elimi e Fenici, generando Erice, il quale avrebbe eretto un tempio dedicato alla propria madre e fondato la città.
Fino alla fine degli anni 60’ le conoscenze dirette di tipo archeologico su Erice erano limitatissime, basate essenzialmente sui resoconti degli storici antichi, mentre una serie di indagini approfondite e sistematiche ha permesso di aggiungere tasselli alla nostra conoscenza sulla città antica e la sua cultura, sia attraverso le trame urbane, sia nelle collezioni del museo A. Cordici.

 


 

Urbanistica e architettura

Rileggendo la storia della città attraverso le mura

Snodandosi lungo 700 metri intorno alla città medioevale e cingendo in una possedente tenaglia difensiva l’insediamento urbano in età antica, le mura elimo-puniche costituiscono una superba testimonianza archeologica del VII sec. a.c. che, nel tratto in prossimità di porta Carmine, mostra anche la presenza di alcune incisioni con caratteri fenici.
Al primo periodo di vita della città in epoca storica (la c.d. “fase elima”, datata a Erice tra la metà dell’VIII e la metà del VI secolo a.C.) risalgono i filari in tecnica megalitica, mentre i filari in opera quadrata, costituiti da una serie di blocchi di foggia allungata e squadrati in maniera regolare e giustapposti, con scaglie orizzontali poste negli interstizi, sembrano attribuibili alla fine del VI-inizi del V sec. a. C., sia per le lettere puniche incise su alcuni conci prima della loro messa in opera, specialmente in prossimità delle postierle, durante la dominazione cartaginese. Le postierle di Erice, ad arco e ad ogiva, presentano numerose analogie con opere difensive contemporanee di architettura siceliota (mura di Selinunte) e puniche locali, seppur influenzate da modelli greci. Durante gli scavi alle mura si è rinvenuto anche un frammento di stele votiva con dedica a Tanit, di tipo nordafricano di età ellenistica, evidentemente reimpiegato.

 

 

Mura fase elima

Filari in tecnica megalitica, di l’VIII-VI secolo a.C., nel cui piano di posa quali sono stati rinvenuti numerosi frammenti di ceramica c.d. “elima”, con decorazione geometrica bruna su fondo ingubbiato chiaro.

Info
Via Addolorata, parte meglio conservata.

 

Mura puniche

filari in opera quadrata, costituiti da una serie di blocchi di foggia allungata e squadrati in maniera regolare e giustapposti, con scaglie orizzontali poste negli interstizi, sembrano attribuibili alla fine del VI-inizi del V sec. a. C

Info
Porta Spada

 

Incisioni con caratteri punici

Info
(Porta Carmine)

 


 

Culti femminili nel tempo:

dall’Astarte fenicia alla romana Venere

Riguardo alla dea Astarte, importante divinità del Pantheon dei Fenici, sono molte le fonti letterarie classiche che accennano all’importanza del suo culto nella cuspide occidentale della Sicilia. E proprio in questa area dell’isola, sull’acropoli di Erice, sorgeva uno dei più grandi e illustri santuari mediterranei dedicati a questa dea; rispettato da indigeni Greci, Cartaginesi e Romani, celebre per la peculiarità dei suoi riti nonché per la ricchezza e per la magnificenza degli arredi. L’attenzione a questa divinità e a questo santuario nasce riguardo al coinvolgimento delle donne nel culto dell’Astarte fenicia e punica, spesso associato negli studi al fenomeno definito di “prostituzione sacra”.
Oggetto di un importante culto marinaro, data la posizione geografica del tutto privilegiata di Erice, per l’ampissima visuale, fortificato e protetto, il themenos sacro, il recinto dedicato ai culti della dea, doveva connotarsi come un santuario-fortezza, dall’VIII sec. a.c. fino alla decadenza dell’impero romano, nel quale forse a volte veniva espletato un rito di “prostituzione” sacra.
Infine, testimonianze iconografiche dell’antica realtà cultuale ericina si trovano all’interno del Polo Museale “Antonio Cordici”, che all’interno del suo fondo eterogeneo (con materiali che vanno dall’età preistorica a dipinti e sculture del Quattrocento e del Cinquecento e armi del periodo garibaldino), vede la presenza di una serie di elementi di cultura materiale relativi al culto della dea, come le testine di marmo di Afrodite.

 

 

Castello Normanno

Sulla rupe del santuario, vennero edificate in altre epoche, strutture di grande rilievo per la fisionomia storico-topografica ericina, come mostra l’edificazione del castello normanno, una vera e propria fortezza, comprendente le torri del Balio (magistrato del re), situata su una rupe isolata cui anticamente si accedeva attraverso un ponte levatoio. Al di sopra del portale d’ingresso si nota lo stemma degli Asburgo di Spagna, a testimonianza della successiva denominazione spagnola.

Info
Dal giorno successivo ultima domenica di MARZO al 31 MAGGIO
tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 18.00;
Dal 1 GIUGNO al 14 LUGLIO:tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 19.00;
Biglietto: intero € 3,50; ridotto € 1,50

 

Polo Museale “Antonio Cordici”

Esposizione di testimonianze iconografiche dell’antica realtà cultuale ericina

Info
Vico San Rocco
Mar-Mer-Ven 08:30-13:30
Lun e Giov08:30-13:30 e 14:30-17:00
Ingresso gratuito

 


 

L’ultima città

Nell’autunno del 1969 è stato riportato alla luce un lembo della necropoli tardo-punica ericina, che anteriormente, in relazione ad alcuni rinvenimenti di urne cinerarie, era considerata storicamente all’esterno di Porta Trapani, nel terreno occupato dall’Albergo Jolly.
La necropoli, databile tra il IV e il III secolo a.C., constava di una serie di deposizioni entro urne biansate in argilla rossastra, di tipo punico e generalmente coperte da un piattello, accanto alle quali venivano deposti i corredi e le offerte funerarie (per lo più unguentari di varia foggia e in qualche caso degli unguentari (lekythoi ariballiche) e altri vasetti miniaturistici di età tardo-ellenistica. In relazione alla povertà dei corredi e l’uso dell’incinerazione indicano che il centro ericino dovette vivere un periodo di declino, posteriore alla conquista romana della seconda metà del III a.C. Una visita al Polo Museale “Antonio Cordici”offrirà la possibilità di implementare le informazioni relative ai rinvenimenti di queste deposizioni e dei congiunti corredi funerari.

 

 

Polo Museale “Antonio Cordici”

Esposizione delle deposizioni e dei congiunti corredi funerari provenienti da contesti necropolari.

Info
Vico San Rocco
Mar-Mer-Ven 08:30-13:30
Lun e Giov08:30-13:30 e 14:30-17:00
Ingresso gratuito