Elemento e motore coesivo di identità locale, la sfera del festivo religioso ha da sempre rivelato la trama delle dinamiche che in specifici contesti legano l’uomo ai suoi miti.  Sin dalla prima metà del secolo scorso, la festa religiosa, fenomeno attestato in tutte le religioni, è apparso un concetto chiave per la comprensione di queste, sia nel passato sia nel presente.
Dal punto di vista antropologico e sociologico, la festa -come rituale – si inserisce all’interno di pratiche e di conoscenze che plasmano i modelli culturali di una data società,  svolgendo una funzione di trasmissione dei valori e delle norme, di istituzionalizzazione dei ruoli, di riconoscimento dell’identità e di coesione sociale. Attualmente, delle feste religiose si mantiene prevalentemente il ritmo, poiché la progressiva laicizzazione della società ha fatto emergere prevalentemente l’aspetto della loro ritualizzazione, ovvero il modo in cui l’attività umana, intesa come strategia creativa, riproduce e riformula i mezzi culturali. (Bell 1992, p.74).
Nelle feste cattoliche, materializzate da processioni, è necessario che il fulcro ideologico del rito sia rappresentato da un simulacro, solitamente una statua, che sia possibile spostare lungo un determinato percorso, lungo il quale si determina l’aggregazione umana e sociale, ampliando così la stessa  “topologia del sacro”, la sua portata geografica dunque. Questo è il motivo per cui la destinazione e il percorso delle processioni non sono casuali, ma collegano spesso spazi geografici e concettuali con caratteristiche diverse, e a volte opposte: la campagna e la città, ma anche la chiesa (spazio sacro) e le stesse strade della città (spazio non-sacro).